L’obiettivo della mostra è quello di trasformare l’ambiente della galleria in un luogo a metà strada fra una wunderkammer e un gabinetto alchemico attraverso l’utilizzo di installazioni-macchine che producono un movimento ciclico e ripetuto.
Mediante un’osservazione prolungata, nello spettatore potrebbe nascere la sensazione di trovarsi di fronte a congegni insoliti in continuo movimento. Meccanismi che rivelano un’esistenza che insiste su regole biologiche. L’imprevedibilità dei movimenti fa sì che ogni macchina abbia una propria scansione del tempo e un modo differente per misurarlo.
Gli automi inutili di Marco Bernardi si ribellano ad una visione utilitaristica e limitata dello spazio e del tempo come accade agli statici strumenti meccanizzati, perché nei loro movimenti unici e incoerenti concepiscono il tempo in maniera soggettiva, umanizzandosi creando un proprio ciclo vitale.
Mistero affascinante che conduce il fruitore a stabilire una relazione sentimentale nei confronti di queste macchine “nevrotiche” che sembrano essere regolate da specifiche caratteristiche comportamentali. Nell’osservare i lavori di Marco Bernardi potrebbero esserci d’aiuto le parole di Philip K. Dick il quale afferma che “invece di imparare qualcosa su noi stessi studiando le macchine, dovremmo tentare di comprendere come si stanno sviluppando osservando la nostra evoluzione”.
Il video, con cui si conclude il percorso espositivo, viene presentato in maniera autonoma evidenziando un rovesciamento di senso nei rapporti con le macchine. L ’uomo disumanizzato e ridotto ad organismo meccanico conta ripetutamente il tempo omologato dei cicli di produzione.
La scelta del titolo della mostra Time Enough è ripresa da una scena del film Blade Runner, dove i replicanti, nient’altro che macchine evolute, nel loro avvicinarsi al modo di sentire umano si domandano quanto tempo ancora avranno da vivere.
La mostra è a cura di Gianluca Brogna.