The Siberian Girl è il racconto di un viaggio per immagini tra automi, bambole e carillon conservate nel Museo Ca’ da Noal di Treviso, una delle collezioni più significative di piccole meraviglie tecnologiche del passato. Il progetto di Anna Franceschini consiste nella proiezione di tre film, installati nello spazio della galleria, a ricreare un ambiente immersivo in cui lo spettatore è invitato a cogliere suggestioni di natura diversa, in un continuo rimando tra realtà e finzione.
La singolarità del lavoro di Franceschini è quella di utilizzare il mezzo cinematografico della pellicola come dispositivo evocativo, attraverso quelle modalità di creazione delle immagini in movimento tipiche delle origini del cinema. La visione dei film attraverso procedimenti legati all’analogico, conducono l’osservatore in una dimensione simbolica e fortemente suggestiva. Partendo dalla collezione del museo di Treviso, l’artista elabora un’idea che coniuga la concettualizzazione degli automi e l’idea stessa di cinema, trovando occasione di riflessione nel saggio Werden und Wesen einer neuen Kunst di Béla Balázs, teorico del cinema ungherese, in cui l’autore descrive la prima visita al cinematografo di una giovane ragazza siberiana, appena arrivata a Mosca dalla sua terra sperduta e ancora ignara del fervore tecnologico che animava le metropoli a quel tempo. In seguito alla visione, i datori di lavoro chiesero alla ragazza le impressioni sullo spettacolo. La ragazza era letteralmente disgustata. Si domandava come poteva essere chiamata nuova arte una macchina che faceva letteralmente “a pezzi le persone”, intendendo con queste parole l’avvicendarsi dei vari campi e piani della pellicola, le inquadrature che mostravano i dettagli di mani e occhi, i primi piani dei volti, le mezze figure e le figure intere. Ciò che negli stessi anni Sergej Eisenstein aveva ribattezzato come “montaggio”, ovvero quella modalità di riproduzione di effetti percettivi che nello spettatore producono senso, comprensione e moti dell’animo.